NEET, una giornata di studio

NEET, una giornata di studio dedicata alle esperienze con i giovani che non studiano e non lavorano.

Giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano: sono questi i cosiddetti NEET (l’acronimo sta per Not Engaged in Education, Employment or Training). Si è svolta a Bologna presso la Sala del Consiglio della Città Metropolitana, venerdì 18 ottobre il seminario con l’obiettivo di conoscere e capire quanto già fatto e per immaginare nuovi approcci dedicati a questa fascia di giovani.
Il seminario è promosso dal Gruppo di lavoro dedicato ai Giovani NEET, avviato nell’ambito della Cabina di regia costituita per dare attuazione al Patto metropolitano per il contrasto alle fragilità sociali, siglato dalla Città metropolitana, la Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria metropolitana,  il Comune di Bologna e varie organizzazioni del Terzo Settore.

La giornata è stata aperta dai saluti istituzionali di Marilena Pillati, vicesindaco del Comune di Bologna e di Daniele Ruscigno, consigliere delegato a Scuola, Istruzione e Formazione della Città metropolitana. I lavori, coordinati da Oreste De Pietro di Confcooperative Bologna, sono proseguiti con le sessioni tematiche: Inquadramento teorico e presentazione di alcuni modelli di intervento, a cura di Alessandro Rosina, Professore ordinario di Demografia e Statistica sociale, Università Cattolica di Milano; Presentazione di alcune esperienze a livello locale.


La definizione di NEET – quella che comunemente possiamo trovare sul web, per esempio – non è pienamente corretta poiché si sottendo un implicito: che sia una condizione intenzionale. Nel dibattito pubblico i NEET vengono fatti coincidere spesso con due categorie molto parziali e diverse tra loro:

  • quelli che non vogliono studiare né lavorare (disinteressati, indolenti, svogliati)  che sono quindi sono loro stessi causa di tale condizione.
  • quelli che ci hanno provato ma hanno avuto esperienze negative, quindi sono scoraggiati e demotivati, sono le vittime di un sistema che non li ha messi nelle condizioni di non essere positivi.

Entrambe queste due categorie sono una lettura parziale. Identificare i NEET con queste categorie significa trasformare quella che era una condizione oggettiva, in un’etichetta quindi un giudizio soggettivo che non aiuta per niente questi giovani a sentirsi un soggetto attivo.
Oltre a queste condizioni la definizione di NEET include:

  • chi cerca attivamente lavoro (quindi i disoccupati in senso proprio).
  • chi è in attesa di un’opportunità (fanno parte dei NEET anche i neolaureati che hanno aspettative altre e che stanno cercando una collocazione, o in Italia o all’estero, per trovare una soluzione che sia all’altezza di ciò a cui ambiscono)
  • chi si occupa a tempo pieno della famiglia (anche le casalinghe sono neet. Qui si inserisce anche il tema della conciliazione tra vita e lavoro, in particolare per le giovani donne)
  • chi svolge un lavoro sommerso (che difficilmente può essere misurato)

Tale condizione dovrebbe essere transitoria, durare il minor tempo possibile, invece in Italia i dati mostrano come tale condizione sia in crescita e cronicizzata, come se si rimanesse intrappolati in questa condizione. In Italia si registra una alta esclusione di chi vorrebbe lavorare, un altro tasso di NEET “non intenzionali” (25-29 anni). Questo fenomeno genera di conseguenza un impatto negativo sulla transizione all’età adulta.
Gli studi hanno individuato 3 fattori principali alla base di questa condizione sono legate a:
– DOMANDA: molti giovani si trovano all’uscita di un sistema formativo carenti di adeguate competenze e sprovvisti di esperienze richieste dalla aziende
– OFFERTA: molti pure avendo una elevata formazione e alte potenzialità non trovano posizioni all’altezza delle loro capacità e aspettative (con conseguente uscita dalla condizione di NEET solo accettando un adattamento al ribasso)
– INCONTRO DOMANDA/OFFERTA: pesa l’insufficienza degli strumenti per orientare e supportare i giovani nella ricerca del lavoro.
Tali problemi sono collegati soprattutto alle COMPETENZE che devono essere di tipo avanzato e  trasversali: le competenze di base e quelle tecniche, non bastano per il successo nel mondo del lavoro. Servono anche:
competenze digitali (sviluppo 4.0)
competenze trasversali (non specifiche di una professione, applicabili a compiti diversi) che aiutano a trasformare il “sapere” tecnico e avanzato in una performance lavorativa e organizzativa efficace. Inoltre le competenze tecniche che serviranno tra 5 /10 anni non saranno necessariamente quelle di oggi quindi > apprendere ad apprendere; apertura mentale; intraprendenza; versatilità; saper sperimentare e mettersi in gioco continuamente consentono di tenersi aggiornati nelle varie fasi di una lunga vita attiva.
Le competenze trasversali (dette anche Life Skills) rafforzano la capacità di orientarsi nel mondo che cambia e agire come soggetto attivo nei cambiamenti.
[divider]esperienze locali[/divider]
Alcune esperienze interessanti:

[divider]approfondimenti[/divider]
Segnali n.11 – NEET, Not in education, employment or training
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